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COLLASSI DI STELLE - INTERVISTA A JOCELYN BELL BURNELL

Di Stefania Maurizi

Pubblicata su “Tuttoscienze” de “La Stampa”, 10 luglio 2002

Se è vero che tutti hanno diritto a quindici minuti di celebrità, è anche vero che non tutti si fanno largo, sgomitando, per assicurarsi il sacrosanto quarto d’ora. E’ questo il caso della fisica ed astronoma inglese Jocelyn Bell, che, da giovanissima, fece un’importante scoperta. Per introdurla brevemente, possiamo dire che, quando una stella ha esaurito tutto il suo combustibile nucleare, essa tende a collassare su se stessa, trasformandosi in un corpo celeste più piccolo e denso, che può essere una nana bianca, una stella di neutroni o un buco nero. Mentre le nane bianche erano state osservate fin dall’Ottocento, le stelle di neutroni rimasero a lungo una speculazione teorica, finché, nel 1967, la Bell non incappò nei segnali radio emessi dalle pulsar, delle stelle di neutroni che ruotano rapidamente intorno al proprio asse. La scoperta fu premiata con il Nobel, ma non lo vinse Jocelyn Bell.
Amabile e pacata, la Bell non ha mai sgomitato per riprendersi ciò che pure le spettava ed anche in questa intervista, che ci ha concesso nella splendida città di Bath, dove oggi guida la Facoltà di Scienze, riconferma il gusto per il discorso brillante e mai polemico.

La scoperta delle pulsar confermò l’esistenza delle stelle di neutroni. Ma oltre a ciò, perché è stata tanto importante?

Le pulsar hanno permesso di testare molte parti importanti della teoria della relatività. Poiché sono estremamente precise nel “tenere il tempo”, cioè nel mantenere costante il loro periodo di rotazione, sono a tutt’oggi gli “orologi” migliori che abbiamo a disposizione e che ritroviamo sparsi per tutta la galassia. Perciò, abbiamo potuto fare molti esperimenti di relatività e confermare molte delle idee di Einstein sulla gravitazione.

Per questa scoperta, il relatore della sua tesi di dottorato vinse il Nobel per la Fisica nel 1974 e, nonostante i suoi meriti, l’Accademia di Svezia non la menzionò neppure. Ritiene che questa decisione sia stata giusta?

Questi fatti sono successi trent’anni fa. Allora si aveva una concezione più gerarchica della scienza: un solo “boss” (un uomo maturo) pensava e molti giovani studenti eseguivano. Oggi è cambiata la nostra idea di “come si fa la scienza”: la ricerca è fatta da un team di persone di età diversa e ciascuno fornisce il proprio contributo. Comunque, il modo in cui il Nobel, e molti altri premi, sono concepiti rimane lo stesso: premiano il leader isolato.

All’epoca dei fatti, Fred Hoyle, il dissidente storico della teoria del Big Bang, fu polemico con la decisione dell’Accademia di Svezia. Lo ha conosciuto personalmente?

Ci teneva le lezioni di dottorato a Cambridge e me lo ricordo per un errore spettacolare. Improvvisò un calcolo alla lavagna che risultò sbagliato per un fattore di dieci alla cinquantaquattro! Per noi studenti fu bellissimo….

Lei si è occupata di radioastronomia, astronomia all’infrarosso, ai raggi X e gamma: ha, pertanto, un background molto vasto. Oggi, quali sono a suo avviso le “grandi questioni” sull’universo?

Io credo che ce ne siano due molto importanti e su cui sono in corso esperimenti eccitanti: la materia oscura e le onde gravitazionali, previste da Einstein, ma non ancora rilevate. E qui ci riallacciamo alle pulsar. Nei sistemi binari di pulsar, infatti, può accadere che le due stelle arrivino a fondersi , dando luogo ad una grossa “esplosione” di onde gravitazionali. E’ proprio questa una delle più probabili sorgenti di radiazione gravitazionale, che i rivelatori dei progetti VIRGO o LIGO, finalizzati al rilevamento di tali onde, potrebbero captare.

Parlando di materia oscura, che cosa possiamo “fantasticare” su di essa?

Al momento non la vediamo, ma sappiamo che deve esserci e che è completamente diversa dalla materia che ci circonda: non è fatta di barioni, né di protoni e neutroni, ma cos’è esattamente? Ce ne sono quattro o cinque tipi diversi? Costituisce il 95% o il 97% della materia dell’universo? Insomma, il 95% , o forse più, della materia dell’universo è qualcosa di completamente sconosciuto. E ciò significa che tutta la fisica che abbiamo studiato all’università è rilevante solo per una piccola percentuale della materia dell’universo, forse per il 5%, e se abbiamo una materia diversa, possiamo avere una fisica diversa, per cui c’è un sacco di fisica da imparare.

Insomma, nonostante l’exploit della biologia molecolare, c’è lavoro per i fisici!

Si!

Sappiamo, ormai con certezza, che nane bianche e stelle di neutroni esistono. Per i buchi neri, a che punto siamo?

Siamo al punto per cui abbiamo deciso di concordare che un certo numero di oggetti sono buchi neri, perché abbiamo fallito nel provare che non lo sono.

E’ interessante che avete “deciso di concordare” che sono buchi neri!

Si. E’interessante la natura della prova in astronomia. Lei ha detto: “sappiamo con certezza che nane bianche e stelle di neutroni esistono”, davvero? La fisica è una scienza sperimentale: si possono fare esperimenti, cambiare le condizioni e vedere cosa succede. L’astronomia è una scienza osservazionale: non possiamo chiedere ad una stella di brillare più intensamente per fare le nostre verifiche. La prova è molto difficile. Ciò che accade è la seguente cosa: osserviamo il comportamento di una stella e, se riusciamo ad escludere che si tratti di un buco nero o di una stella di neutroni perché “non fa le cose giuste”per essere tale, e se su questo noi astronomi ci troviamo d'accordo, allora concludiamo che probabilmente si tratta di una nana bianca, perché si comporta in un certo modo. Ma ciò è quanto di più vicino ad una prova possiamo avere; per quanto ne so io.

Passiamo a parlare della vita extraterrestre.

Devo provarle che esiste?

Mi accontenterò di un suo parere sul progetto SETI per la ricerca di vita extraterrestre. Il SETI suscita reazioni disparate. Si va dallo scetticismo, allo sfottò di un senatore americano, che, chiedendo il taglio dei fondi pubblici al progetto, dichiarò di non voler sprecare milioni di dollari per cercare gli alieni, quando bastava spendere settantacinque cents per un tabloid pieno di notizie fresche su di loro!

La scienza che si fa nel SETI è seria e rigorosa. Il problema, per quanto riguarda il finanziamento, è il seguente: è importante cercare gli alieni? Forse, è il mio giudizio. Ciò che è interessante è il fatto che, recentemente, gli astronomi hanno scoperto pianeti che orbitano intorno a stelle simili al nostro Sole, e ciò rende molto più probabile l’esistenza di vita extraterrestre.

Parliamo di un problema su cui lei è attiva: le donne nella ricerca. Nel 1991, lei è diventata una delle due professoresse ordinarie di fisica in Gran Bretagna, a fronte di oltre centocinquanta colleghi maschi. Come donna, non trova questo dato avvilente?

Assolutamente avvilente, credo che oggi siamo in dieci. Poiché, in Gran Bretagna, la fisica è ancora una scienza per uomini, le sue regole sono quelle degli uomini. Nel momento in cui si raggiungerà una “massa critica” di donne, la cultura cambierà. Il problema è riuscire ad innescare cambiamenti in assenza di tale massa, e questo è stato il problema di tutta la mia vita. Quando ero in attesa del mio primo figlio, andai dal capo del mio Dipartimento per informarmi sul congedo di maternità e lui mi disse: “Congedo di maternità?! Non ne ho mai sentito parlare!”. Era vero: l’università non lo prevedeva.

Concludendo, oggi il grande pubblico più che alla scienza si interessa alle sue ricadute, cioè a strumenti e tecnologie. Lei non pensa che il più potente strumento di indagine dell’universo rimanga il cervello umano e la sua capacità di speculazione?

Si, ma in ogni caso non bisogna liquidare le ansie del pubblico sulla tecnologia. Il pubblico vuol sapere qualcosa a proposito della sicurezza degli alimenti geneticamente modificati o dei telefonini. E gli scienziati dicono: “Assolutamente sicuri, credete a noi”. Io credo che il pubblico non accetti più questo e gli scienziati devono imparare a cambiare.

Il problema è che non si sa un granché a proposito di “questioni scottanti” come, per esempio, la genetica. Cosa si può dire al pubblico?

Questo è vero, ma non si può trattare il pubblico da stupido. Bisogna aiutarlo a capire ciò che la scienza sta dicendo e ciò che non sta dicendo. Mettersi in cattedra e dire che qualcosa è assolutamente sicuro è una stupidaggine. E si possono fornire al pubblico i dubbi, perché anche il dubbio è informazione.